Un tempo, in quel bar della notte, Anna è stata una di quelle donne dal viso pallido e dal trucco sfregiato.
Una spossatezza più profonda di quella del corpo consumato in balli e risate, un’assenza di pensieri, un cappuccino a riprendere contatto con il giorno, e con se stessa. Il cucchiaino che girava lento nella schiuma per non disturbare.
Intorno, non vedeva l’uomo che la guardava.
Non c’era felicità sottile, non c??era malinconia: c’era silenzio, silenzio sordo, per salutare il giorno.
Per molti anni, poi, quel bar della notte per Anna non è stato altro che un luogo cui scivolare davanti, guardando dal finestrino consumato della sua automobile le anime tormentate e gaie che vi brulicavano attorno.
Ora, in quello stesso bar della notte, Anna è una di quelle donne con qualche linea di trucco e gli occhi vivi.
Una stanchezza priva di sonno, un Porto condiviso a tirare tardi, pensieri e parole che si intrecciano senza uscire mai dalla pelle, ché ci si tiene caldi dentro, e fuori si osserva senza sciogliersi.
Ascolta gli occhi dell??uomo su di sé, senza voltarsi a celebrare curiosità di attimi.
La felicità è nelle voci intorno, antiche e nuove, la malinconia si accuccia tra le dita delle mani.
Il silenzio non è a suo agio, ma insieme, il silenzio, le voci, Anna e le sue dita, salutano il giorno.